Sul viado del tramonto
“E’ un uomo distrutto” così lo descrivono i pochi amici intimi che lo hanno visto nelle ultime ore dopo lo scoppio fragoroso dello scandalo. “La barba incolta, un maglioncino slabbrato e infeltrito, le occhiaie marcate” nemmeno l’ombra del Marrazzo sempre in giacca e cravatta a cui eravamo abituati.
In questa torbida vicenda che con il passare delle ore assume degli aspetti sempre più inquietanti la figura del governatore della Regione Lazio esce sempre più martoriata tanto da far temere ai suoi amici anche la possibilità di un insano gesto.
“Adesso voglio sparire” pare abbia detto.
Quando Piero Marrazzo subentrò ad Antonio Lubrano alla conduzione della fortunata trasmissione televisiva Mi Manda Lubrano il primo colpo per lui fu quello di cambiarle titolo in “Mi Manda Rai Tre” anche perché il nuovo conduttore non lo conosceva nessuno, non si poteva addirittura metterlo nel titolo e poi “Mi Manda Marrazzo” si prestava a rime equivoche.
Piero Marrazzo, sempre elegante, cominciò con il piede sbagliato o così perlomeno sembrava, troppo morbido con i cattivi, poco calore nei confronti delle vittime.
La sua eleganza e freddezza mal si conciliava con una trasmissione che aveva la vocazione del Robin Hood del servizio pubblico. Ruolo che Antonio Lubrano, più anziano, con una voce soffusa e uno strano accento, riusciva a ricoprire con la giusta perfida cattiveria che ti faceva pensare “e a questo qui chi lo frega?”.
Marrazzo capì l’antifona e, da una puntata all’altra, diventò improvvisamente aggressivo, intransigente, rigoroso nelle sue invettive contro il truffatore che vendeva aspirapolvere che non aspiravano (triste presagio) o il rappresentante di filtri per l’acqua potabile che non filtravano.
Aggressivo, granitico, decisamente antipatico una conduzione a “tesi” simile seppur in ambiti diversi alla conduzione di Santoro. Se durante la trasmissione compariva inaspettatamente una mancanza della presunta vittima che dava spazio alla verità a favore di quello che lui aveva deciso dovesse essere il “truffatore” la soffocava immediatamente.
Poi Marrazzo entra in politica, ovviamente nei DS, e grazie al consenso di cui godeva anche alla trasmissione condotta prende una valanga di voti nel Lazio e arriva anche a soffiare a Storace la poltrona di governatore.
Passa indenne il tentativo maldestro di essere disarcionato con metodi illegali da sodali del colonnello ex aennino e si appresta addirittura a bissare il mandato.
Ma il Marrazzo che viene fuori dalle cronache di oggi è disarmante e ha gettato nello sconforto non solo i vertici del PD ringalluzziti dalle elezioni primarie ma anche i fan di Piero, i suoi sostenitori su Facebook.
“Non me lo sarei mai aspettato” si dice un po’ ovunque. Ma cosa non ci si sarebbe aspettati? Che andasse a trans? Che il paladino della giustizia cedesse al ricatto? Che sia un bugiardo avendo negato ogni addebito salvo poi dover ammettere? Aver rovinato la sua famiglia? Aver rotto le uova nel paniere sotto i gazebo del PD?
La carriera politica di Piero Marrazzo giunge ormai alla conclusione, una conclusione che però non può e non deve far esultare nessuno visto il contesto in cui è avvenuta e visto il fatto che, messe da parte ironia e sarcasmo, si tratta pur sempre di un uomo che vede le sue debolezze spiattellate a livello nazionale.
C’è chi con ironia o puntando su una certa stravaganza invoca l’attenuante della libertà sessuale. Beh, ma per essere liberi sessualmente bisognerebbe anche non vergognarsi, persino di denunciare un ricatto, persino di nascondere al mondo di essere fidanzato con un trans da sette anni.
Se poi essere liberi sessualmente significa pagare 3000 euro per far porcate in un appartamento con un trans brasiliano allora il PD proponga un abbassamento delle tariffe, altro che Irap.



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