Basta che funzioni

Basta che funzioni

Woody Allen è tornato. Peccato che il suo ritorno si limiti alla macchina da presa e non anche al set, in ogni caso Basta che funzioni riprende le tematiche ed i tratteggi che hanno reso famoso ed inconfondibile il regista newyorkese. Nulla da eccepire su Match Point e Vicky Cristina Barcelona, buoni film senza dubbio, ma per me un film di Woody significa parlantina a raffica battute al vetriolo e nichilismo a piene mani. Infatti il personaggio di Boris, un ex fisico quantistico che ha sfiorato il Nobel ed ora si ritrova solo come un cane a mala pena sopportato dai pochissimi amici che gli sono rimasti, sarebbe stato perfetto per un’interpretazione di Allen (sembra quasi di vederlo sullo schermo) anche se l’attore che lo sostituisce si comporta egregiamente. Il difetto, se così vogliam chiamarlo, dei film di Woody Allen è che sono appunto un genere a sè abbastanza riconoscibile che ti porta ad amarli od odiarli. La trama non è l’elemento principale anzi col passar dei minuti diventa sempre più inverosimile, ma il piatto forte sono le elucubrazioni con cui vieni sommerso in quei monologhi fatti d’una fine ironia sconosciuta a queste latitudini (abituati a pernacchie e meteorismo). Come dicevo la trama non è essenziale, comunque questa narra appunto di un fisico ultra-nichilista che si trova a dover accogliere suo malgrado una giovine e giuliva ragazza in fuga da casa (interpretata dalla fidanzata di Marilyn Manson – che spreco!) che finisce per innamorarsi del vecchio. Da qui tutta una serie di situazioni che portano comunque all’happy end per tutti i personaggi nonostante il pessimismo cosmico che vorrebbe rifilarci Woody tramite il suo protagonista principe. Consigliato ai fans, o a chi vuol cambiar aria per un paio d’ore rispetto alla solita tiritera.

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