Partiti a progetto
Prendo spunto dai commenti sull’ottimo articolo di Devsol (vedi) per proporre qualche mia considerazione a più ampio respiro. L’incipit del discorso non può che essere quel “io voto chi mi garantisce di poter realizzare l’idea di società che ho in mente e nella quale credo”. Se quel io voto è riferito ad un partito, è evidente che il movimento politico ideologico in Italia sia morto con la caduta del muro di Berlino, il crollo dell’URSS e del nostro PCI
, l’uragano tangentopoli che ha spazzato via socialisti e democristiani, portandosi dietro di riflesso anche l’MSI che ha preferito svoltare verso Fiuggi. A livello mondiale il discorso è leggermente diverso, dato che si va non più verso uno scontro ideologico ma verso uno scontro tra culture, il che assume contorni ancor più drammatici poichè non coinvolge più quel che pensiamo (modificabile) ma quel che siamo (immodificabile). Ma restringiamo il campo al nostro Bel Paese. Io non riesco più a cogliere nei partiti odierni una visione della società ad ampio respiro come poteva essere per DC e PCI. I nostri ormai sono partiti a progetto, che si pongono non più l’alto obiettivo di guidare la società verso l’idea ma semplicemente di amministrarla in un determinato modo. In quest’ottica è da leggere l’incredibile evoluzione della Lega Nord, movimento territoriale che invocava la secessione ma scesa a più miti consigli conducendo battaglie “amministrative” come un compiuto federalismo fiscale per concludere la metamorfosi nella frase di Maroni “non siamo più solo un partito del Nord”. Forza Italia e PDL, frutto del berlusconismo, non hanno mai posto obbiettivi più alti del tanto strombazzato buon governo, ed un generico opporsi alla sinistra italiana ancora etichettata come comunista che mi par abbia più una valenza coagulante che sostanziale. Il PD si dibatte in una crisi d’identità dichiarata e non più nascosta, e con queste premesse difficile riscontrare un’unità d’intenti che vada oltre i cavilli burocratici opposti a Beppe Grillo. Di Pietro ha fatto dell’opposizione al Cavaliere la propria ragion di vita politica, talmente legato a doppio filo a Berlusconi da non capire che la sua scomparsa decreterà anche la propria fine. I pochi partiti che utilizzano simboli ideologici (falce e martello in tutte le sue versioni grafiche) sono snobbati dall’elettorato, percepiti come fossili del Novecento. Questa lunga carrellata solo per notare come “l’idea di società” non possa esser cercata nei partiti ma solo nelle persone. E così tutto diventa chiaro: non esiste più l’elettore di destra o sinistra, ma l’elettore berlusconiano ed antiberlusconiano. I partiti diventano vuoti, si riducono a strutture organizzative al pari di società per azioni senza volontà propria ma semplicemente gestite dall’amministratore delegato di turno. Se per paradosso Berlusconi si candidasse alle primarie del PD, questo partito prenderebbe il 35% dei voti. Totale immedesimazione. Ecco perchè il cattolico può votare dove gli pare, anche il PD nella sua declinazione binettiana, perchè può sempre sperare che quella persona diventi guida del partito rendendolo a sua immagine e somiglianza.
Con questa mia personale lettura interpreto il crescente astensionismo ad ogni tornata elettorale. Perchè effettivamente chi non è mai stato di sinistra, ma neppure berlusconiano, oggi è seriamente in difficoltà. Aspettiamo la Terza Repubblica, ovvero il post-berlusconismo, sperando in un sistema politico meno autoreferenziale ed attorcigliato su se stesso. L’eredità di Berlusconi sarà, prima o poi, argomento di ulteriore approfondimento su queste pagine.



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